E’ recente la scoperta di strutture circolari e fossati in Amazzonia tra il Brasile e la Bolivia.
A cosa fossero destinate tali strutture è ancora oggetto di studio: si pensa che potessero servire come luoghi di culto ma anche come strutture di difesa o canali di drenaggio.
La questione a seguito di questi ritrovamenti è però un’altra: di quando prima dell’arrivo degli europei le antiche popolazioni iniziarono ad alterare il paesaggio.
Per John Francis Carson, ricercatore presso l’Università di Reading (UK), lo sfruttamento di un territorio non può essere fatto risalire a solo duecento o trecento anni addietro, ma anzi è iniziato molto tempo prima, migliaia di anni prima.
Carson e i suoi colleghi hanno approfondito la questione concentrando le loro ricerche su una zona posta nel Rio delle Amazzoni nel nord –est della Bolivia. Qui, nei sedimenti prelevati dai due laghi principali (Laguna Oricore e Laguna Granja), sono stati ritrovati antiche tracce di polline e carbone provenienti da incendi e dalla loro analisi si è ipotizzato come doveva essere il clima e l’ecosistema ben 6.000 anni fa.
La sorpresa di queste analisi è che i sedimenti più antichi non corrispondono da un ecosistema paragonabile alla foresta pluviale quanto piuttosto a quello delle savane africane: quindi gli ideatori dei fossati hanno iniziato il loro lavoro ancora prima che tutto intorno al loro ambiente avanzasse la foresta pluviale.
Questo ha aperto anche un dibattito sulla possibilità che gli abitanti di allora potessero avere anche un effetto sulla composizione della foresta stessa tramite coltivazioni di specie commestibili in appositi frutteti e cambiamento della composizione chimica del terreno con effetti più duraturi nel tempo.
In pratica, secondo questa ipotesi, la foresta odierna sarebbe il risultato di una specie di cooperazione tra uomo e natura.