I geoglifi sono disegni sul terreno di proporzioni tali da essere visibili solo dall’alto.
I geoglifi di Nazca, in genere i più famosi, ne sono un esempio ed il cui significato, o utilizzo, è ancora oggetto di studio.
Nel 2007 il kazako Dmitriy Dey, economista ed appassionato di archeologia, mentre esplorava la zona di Turgai (Kazakistan del nord) per mezzo della tecnologia offerta da Google Earth, s’ imbatté nella scoperta di un quadrato solcato da due diagonali dell’estensione di circa 7,5 ettari: era il primo dei geoglifi rilevati in quella zona.
Ad essi, con il tempo, se ne aggiunsero molti altri, fino ad arrivare al numero di duecento.
La Nasa, utilizzando le immagini in alta risoluzione fornite dalla società DigitalGlobe, ha avviato una campagna di studi incentrata su queste strutture.
Da un primo esame preliminare sembrerebbe che esse siano state realizzate intorno all’8000 a.C. (le linee di Nazca, riferite all’omonima civiltà, hanno una datazione posta tra il 300 a.C. ed il 500 a.C.) età coincidente con la cultura Mahandzhar che fiorì nella zona del ritrovamento dei geoglifi tra l’VIII ed il VI millennio avanti Cristo.
Alcuni ricercatori, però, affermano che tale attribuzione sia erronea in quanto la popolazione di questa antica cultura era soprattutto nomade e, quindi, non avrebbe avuto senso per loro (e neanche tempo) ideare e costruire i glifi.
La loro funzione rimane un mistero: la tesi più accreditata sarebbe quella che li assocerebbe ai cicli stagionali legati al movimento del Sole.