Trentanove anni luce, cioè la distanza che ci separa dai mondi del sistema Trappist – 1, sono davvero una bella distanza da percorrere, quindi dobbiamo aspettare che uno Stargate possa colmarla senza che intere generazioni di esseri umani vadano perdute nel viaggio.
In viaggio verso gli esopianeti di Trappist – 1 (dal sito italiano della rivista Focus)
Ben altra cosa è il viaggio temporale che, all’interno del nostro sistema solare, ci porta indietro a 466 milioni di anni fa.
Allora, in quella che la fantascienza di una volta definiva spazi siderali, avvenne un cataclisma di enorme dimensione: la collisione di due asteroidi, uno dalla dimensione pari allo stato del Connecticut, diede origine a migliaia di frammenti, alcuni dei quali caddero sulla Terra quando era presente un solo ed unico supercontinente: la Gondwana.
Ancora oggi, anche se il flusso di meteoriti di quel gigantesco scontro va ad esaurirsi, alcuni frammenti cadono sulla superficie della Terra.
Tra le orbite di Marte e Giove è posizionata la cosiddetta Fascia principale: la regione del nostro sistema solare occupata da asteroidi e pianeti minori (Vesta è l’oggetto più luminoso e secondo per dimensione a Cerere): è un ambiente decisamente turbolento considerando che, in tempi misurati in scala di milioni di anni, avvengono collisioni da cui si originano nuove famiglie di asteroidi.
Da queste collisioni si formano le meteoriti che, sulla Terra, portò all’evento che con ogni probabilità causò l’estinzione dei dinosauri, mentre sulla Luna l’impatto di uno di questi giganteschi frammenti formò il cratere Tycho.
Ritornando alla collisione di quasi mezzo miliardo di anni fa, l’analisi chimica dei frammenti ha portato alla conclusione che quel tipo di rocce appartengo alle rarissime acondriti rispetto alle condriti che rappresentano l’86 per cento dei frammenti di epoca più recente.
Lo studio di ciò che è avvenuto in quell’epoca lontanissima, porterà alla conoscenza di alcuni aspetti sull’evoluzione del nostro sistema solare in un periodo in cui si pensava che esso fosse, per così dire, stabile.