Animazione degli tsunami creati dal terremoto sottomarino del 2004 nel sud-est asiatico.
Di tutti gli scenari di catastrofi naturali forse nell’immaginario quello che colpisce di più è il fenomeno dello tsunami.
La memoria va quindi a quello che accadde nel 26 dicembre del 2004 nell’Oceano Indiano: uno tsunami causato da un terremoto con una magnitudo pari a 9,3 (secondo solo a quello verificatosi in Cile il 22 maggio del 1960 con magnitudo pari a 9,5) causò centinaia di migliaia di vittime.
L’altezza delle onde arrivò fino a 27 metri, per confronto un palazzo di sei piani è alto all’incirca venti metri.
Dodici anni fa la notizia di quello che successe in quella fascia del nostro pianeta fece il giro del mondo in pochi secondi, grazie soprattutto ai social – media.
Un evento simile, altrettanto tragico se non più, avvenne nel 6.200 a.C. nel Mare del Nord ed, ovviamente, non essendoci allora nessun mezzo di comunicazione globale, dobbiamo affidarci agli studi degli archeologi, paleontologi e geologi per conoscere l’entità di quel fenomeno.
Tralasciando le analisi specialistiche, si sa che lo tsunami ebbe come conseguenza il crollo di 290 chilometri della piattaforma continentale nei pressi della Norvegia.
Gli abitanti dei villaggi mesolitici che vivevano vicino la mare furono sommersi all’istante dalle onde dello tsunami con altezza analoga a quella dell’Oceano Indiano del 2004.
Si può ipotizzare che anche allora le vittime furono tante ma sempre in rapporto alla densità demografica di quell’epoca.
Può accadere che fenomeni del genere si verifichino ancora?
Gli scienziati rassicurano che ciò è statisticamente poco probabile.
Ma non impossibile.